Archivi categoria: notizie

DMARC Forensics: un tool per verificare la compliance ed evitare problemi di spoofing

Quanto è facile inviare un messaggio di posta elettronica a nome di altri? La risposta è che è facilissimo, ci sono persino siti tipo Emkei o AnonyMailer che permettono a chiunque di scrivere messaggi apparentemente provenienti da indirizzi di posta di terzi, inclusi potenzialmente gli indirizzi PEC, che ovviamente non possono essere utilizzati per invio PEC tramite spoofing ma esclusivamente PEO.

Il punto è che il server dell’account email del ricevente ha modo di verificare se il messaggio proviene effettivamente dall’indirizzo del mittente oppure è stato inviato tramite email spoofing e quindi decidere di scartarlo o mandarlo in spam, eventualmente segnalando al server del dominio del mittente l’anomalia.

Affinché ciò avvenga è però essenziale che il dominio del mittente sia correttamente configurato, a livello DNS e server di posta, per indicare il corretto record DMARC, SPF ed eventuale chiave pubblica DKIM (in tal caso il messaggio deve poi essere anche firmato tramite DKIM) così da permettere al server ricevente di fare le opportune verifiche.

DMARC Forensics, una soluzione per verificare la configurazion DMARC

Prendendo spunto dal post Linkedin di Andrea Draghetti sulla configurazione del server di Poste Italiane che a giugno 2025 ha evidenziato come il server supportasse SPF ma nessuna non vi fosse traccia di DKIM e DMARC, dopo aver rivisto il video di Francesco Guiducci e Raffaele Colavecchi che spiegano come configurare SPF, DKIM e DMARC che illustrano come proteggere la posta elettronica (e la propria reputazione) tramite una opportuna configurazione del protocollo DMARC, DKIM e SPF, con un occhio alle raccomandazioni dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale ACN sul Framework di Autenticazione della posta elettronica ho scritto un semplice script di DMARCForensics per verificare la conformità DMARC dei domini, che potete trovare pubblicamente sul sito DMARC Forensics.

DMARC Forensics Tool - DMARC Compliance Checker and Inspector with Report and Fix

Esistono decine di dmarc checker tool, il tool di DMARC Forensics che ho sviluppato non differisce di molto dagli altri però potete usarlo con liste di domini e con la consapevolezza che non caricate alcun dato sul server: tutto gira in locale sul vostro browser.

Ho testato con il DMARC Forensics tool alcuni domini istituzionali utilizzati per invio posta elettronica, parte dei quali risultano ben configurati, altri meno, alcuni per nulla, in generale l’80% dei domini è ben configurato e quelli con problemi sul record DMARC non è detto che poi non firmino comunque i messaggi tramite DKIM o supportino SPF.

Non andrebbero ovviamente ignorati i domini che non inviano posta, tratteremo più aventi la questione di siti o domini istituzionali che non vengono usati per invio di messaggi di posta elettronica e che quindi possono essere utilizzati per inviare mail impersonando tali istituzioni mediante spoofing senza alcun controllo sull’autorità del dominio.

Integrerò più avanti verifica SPF e DKIM (con selector fornito dall’utente o bruteforced) oltre che permettere la cristallizzazione forense dei record tramite web forensics così da preservarne lo stato DMARC (ma anche DKIM ed SPF) per eventuale uso legale, al momento è possibile comunque scaricare in formato TXT il log delle query e in XLSX la tabella.

Ricordiamo infatti quanto, nei casi di Man in The Mail (i casi dei bonifici fraudolenti ottenuti tramite cambio IBAN da parte degli attaccanti) può essere strategica una valutazione forense della configurazione DMARC, una verifica delle firme DKIM, un test dei requisiti SPF per rappresentare correttamente ai legali eventuali responsabilità nella truffa informatica subita dalla vittima.

Il tool “DMARC Forensics” è molto “severo” ed evidenzia note o commenti anche per i domini che risultano conformi, come ad esempio la presenza di record multipli, il mancato allineamento con sottodomini o la policy eccessivamente permissiva o ambigua: in tal caso nella colonna “Fix” viene indicato come rimediare.

Qui di seguito si possono osservare i risultati del sito DMARC Forensics dove ho offuscato i domini non compliant, anche perché alcuni – pur non avendo DMARC configurato – firmano comunque i messaggi con DKIM (seppur talvolta senza alignment al domain) e rispettano policy SPF, quindi la mancata configurazione DMARC è un problema minore.

DMARC Forensics - Siti governativi e istituzionali italiani

Il motivo dell’oscuramento e redact è che non ritengo corretto che i domini non conformi vengano presentati con accezione negativa, anche purtroppo un dominio non solo non ha record DMARC configurato ma restituisce il record SPF al suo posto e come ciliegina sulla torta non firma neanche con DKIM le email inviate.

DMARC Forensics, istruzioni per l’uso

Il DMARC Forensics – Compliance Checker è uno strumento web gratuito e avanzato, progettato per analizzare la configurazione DMARC (Domain-based Message Authentication, Reporting, and Conformance) di uno o più domini. Creato per essere semplice, veloce e sicuro, il tool opera interamente lato client, garantendo che nessun dato inserito dall’utente venga trasmesso o memorizzato su server esterni, nel pieno rispetto della privacy.

Il tool DMARC Forensics è semplice da utilizzare, è sufficiente inserire nel campo di testo un elenco di domini, uno per riga o separati da due punti o punto e virgola e le sue caratteristiche principali sono le seguenti:

  1. Analisi Multi-Dominio: L’applicazione consente agli utenti di inserire un elenco di domini (fino a 20 per volta, per evitare saturazione lato client) in un’unica interfaccia. Questo permette di effettuare controlli massivi in modo efficiente, ideale per amministratori di sistema che gestiscono molteplici proprietà web.
  2. Validazione Sintattica: Prima di avviare le query DNS, il tool esegue una validazione preliminare sui nomi di dominio inseriti per verificare che rispettino gli standard RFC, segnalando all’utente eventuali errori di formattazione.
  3. Interrogazione DNS Client-Side: Utilizzando l’API pubblica di Google DNS, lo script interroga il record TXT _dmarc per ciascun dominio. Tutta l’operazione avviene direttamente nel browser dell’utente, assicurando la massima privacy e velocità.
  4. Analisi Dettagliata della Conformità: Il cuore del tool è il suo motore di analisi. Non si limita a verificare l’esistenza del record, ma esamina ogni direttiva DMARC secondo le best practice di sicurezza. I risultati sono classificati con un sistema di colori intuitivo:
    • Compliant (Verde): Il record è valido e applica una policy restrittiva (quarantine o reject) senza problemi significativi.
    • Compliant with notes (Verde-giallo): Il record è valido ma presenta criticità minori che non ne compromettono l’efficacia (es. alignment rilassato, policy p=none, mancate autorizzazioni per i report esterni).
    • Not compliant (Rosso): Il record presenta errori fatali (es. più record DMARC, sintassi errata, policy mancante).
    • Not configured (Rosso): Nessun record DMARC trovato.
  5. Note e Soluzioni (FIX): Per ogni problema rilevato, il tool fornisce una spiegazione chiara nella colonna “Notes” e un suggerimento pratico su come risolverlo nella colonna “FIX”. Questo trasforma l’analisi da un semplice controllo a una guida operativa.
  6. Export dei Dati: I risultati possono essere esportati in due formati:
    • Report XLS: Un file Excel che riproduce la tabella dei risultati, mantenendo la formattazione a colori per una facile consultazione e archiviazione.
    • Log TXT: Un file di testo dettagliato contenente le query DNS esatte inviate e le risposte JSON complete ricevute, ideale per analisi forensi e debugging tecnico.

A Chi si Rivolge il DMARC Forensics tool

Questo strumento è pensato per un’ampia gamma di professionisti e tecnici informatici:

  • Amministratori di Sistema e DevOps: Per verificare e mantenere la corretta configurazione DMARC sui domini aziendali;
  • Professionisti della Sicurezza Informatica: Per condurre audit di sicurezza sulla posta elettronica e identificare vulnerabilità legate a spoofing e phishing;
  • Consulenti di Informatica Forense: Per acquisire rapidamente dati sulla configurazione DMARC durante un’indagine e cristallizzarne – a breve – lo stato a uso legale in perizie informatiche forensi, ad esempio in casi di Man in The Mail (MITM);
  • Webmaster e Proprietari di Domini: Per assicurarsi che il proprio dominio sia protetto e che le comunicazioni via email siano affidabili.

Attenzione che funzionando lato client e utilizzando per le informazioni DNS le API di Google (https://dns.google/resolve) può non fornire risultati se lo si utilizza da IP con bassa reputazione come VPN o Tor.

Verifica di email originali o contraffatte per Le Iene

Domenica 21 settembre 2025 è andato in onda su ItaliaUno di Mediaset il servizio de Le Iene nel quale come consulente tecnico e perito informatico forense ho aiutato la Iena Filippo Roma a capire se dei messaggi di posta elettronica ricevuti fossero originali integri oppure manipolati e falsi.

Paolo Dal Checco, Perito Informatico Forense per Le Iene nel servizio di Filippo Roma

La domanda cui ho risposto è stata quella che tipicamente viene posta nei quali vengono prodotte come prova informatica delle email, cioè “Come posso verificare se una mail è autentica e originale oppure se è stata manipolata ed è quindi falsa?”.

Senza entrare nel merito del contesto nel quale non è opportuno che mi pronunci – essendo un perito informatico forense e non un giurista – nel servizio andato in onda su Mediaset, come Consulente Informatico de Le Iene ho analizzato alcuni messaggi di posta elettronica ricevuti da una persona, che erano stati disconosciuti e dichiarati falsi da un’altra.

Come consulente informatico per Le Iene ho condotto l’analisi non su stampe cartacee o pdf dei messaggi – assolutamente da evitare come prova digitale perché possono essere creati o manipolati artificiosamente – bensì sul dato “grezzo”, cioè sui messaggi completi di header RFC822 che tipicamente vengono esportati da webmail o programmi di posta in formato EML, MSG o TXT.

Per fare un esempio, questo è ciò su cui si può basare una perizia informatica su email con valutazione dell’integrità di un messaggio di posta elettronica.

Intestazione RFC822 di un messaggio di posta elettronica o header RFC822

Come Consulente Informatico de Le Iene ho quindi proceduto alla verifica dell’originalità o manipolazione di mail fornite al fine di confermare che non si trattasse di falsi creati con Photoshop o email manipolate per modificarne il contenuto.

Il Consulente Informatico de Le Iene Paolo Dal Checco verifica originalità o manipolazione di una mail

Partendo dal “codice sorgente” di un messaggio, avendo ove possibile anche accesso alla mailbox, è possibile infatti operare diverse analisi, tra le quali l’analisi della firma DKIM apposta dal server sulle email inviate.

Il protocollo DKIM (DomainKeys Identified Mail) permette ai server mittente di apporre una firma digitale su specifici campi della mail (mittente, destinatario, oggetto, data e altri campi ma soprattutto sul testo. Un controllo positivo garantisce che né i campi né il testo siano stati alterati dopo l’invio o siano comunque originali. Un’email creata artificiosamente impostando come mittente un indirizzo Gmail, ad esempio, non può essere firmata dal server Google e quindi la verifica DKIM risulterà negativa.

Verifica di email tramite DKIM con tecniche d'informatica forense

In aggiunta, ARC (Authenticated Received Chain) fornisce ulteriori garanzie sulla catena di inoltro del messaggio di posta elettronica, dato che spesso le mail vengono inoltrate tramite forward o gestite mediante liste d’inoltro.

L’analisi forense delle firme DKIM permette di verificare eventuale manipolazione, falsificazione o spoofing dei messaggi di posta elettronica. lo spoofing consiste nella impersonificazione d’indirizzi email di terzi creando mail inviate apparentemente forgiate con il mittente “falso”, così che chi riceve i messaggi sia persuaso di averli ricevuti dai mittenti immediatamente visibili nell’intestazione “Da” o “From” mentre invece sono messaggi di posta falsificati e artefatti ad hoc.

Esistono diversi servizi che permettono d’inviare “spoofed email”, cioè email con mittente che impersona un indirizzo di terzi, uno dei più noti è Emkei, utilizzabile da chiunque per provare a inviare una mail con il proprio indirizzo e verificare se a destinazione l’email viene scartata o accettata dalla mailbox. Nell’ambito delle truffe informatiche molto spesso poi vengono spesso direttamente modificate le email nella mailbox di ricezione, stampate o artefatte senza necessità di utilizzare la tecnica dello spoofing.

Esistono diversi metodi per la verifica della firma DKIM nelle email, per valutarne l’integrità e l’originalità, quello mostrato nel servizio dove ho svolto l’attività di consulente informatico per Le Iene è il servizio MXtoolbox Email Header Analyzer.

Verifica di manipolazione o falsificazione di messaggi di posta elettronica

MXtoolbox è una suite di servizi dedicati alla posta elettronica e da di essi si trova l’analizzatore d’intestazioni – o header – RFC 822. Si tratta di un servizio online sul quale è possibile incollare nel campo di testo l’intestazione di un messaggio di posta elettronica ma in realtà la verifica completa può essere operata soltanto incollando l’intero contenuto del sorgente del messaggio di posta, non soltanto l’header.

Una volta incollato il contenuto del codice sorgente messaggio (integralmente, non soltanto l’header) si otteranno delle spunte in corrispondenza delle varie verifiche SPF, DMARC e DKIM.

Verifica originalità messaggio email tramite analisi SPF DMARC e DKIM dell'header

In base alle spunte verdi è possibile valutare se i vari parametri sono corretti e in particolare se la firma DKIM risulta verificata e quindi autentica in base al selector indicato nel messaggio stesso, cioè al riferimento del dominio che ha inviato o gestito l’invio del messaggio di posta elettronica, che deve ovviamente coincidere con quello del mittente.

Verifica se una email è originale o falsa tramite firma DKIM

Nel caso migliore tutte le spunte interne alla verifica DKIM sono verdi, a significare che l’email è originale, autentica ed effettivamente inviata dall’indirizzo che risulta essere indicato nel campo mittente.

Accedendo direttamente alla mailbox, è poi possibile estrarre la data di ricezione interna (INTERNALDATE) e l’identificativo univoco (UID) assegnato dal server a ogni messaggio: le incoerenze – soprattuto con altri messaggi inviati o ricevuti nella stessa giornata – possono suggerire manipolazioni o importazioni sospette di messaggi.

Non va sottovalutato poi il campo Message-ID è un identificatore unico che dovrebbe seguire logiche ben precise, spesso legate al dominio mittente o a timestamp codificati. Confrontare il Message-ID con campi come In-Reply-To consente di scoprire anomalie nella ricostruzione del thread.

Confrontare più messaggi appartenenti alla stessa conversazione consente inoltre di notare discrepanze nei riferimenti temporali o negli identificativi dei messaggi, segnalando possibili manipolazioni. Allo stesso modo, gli header contengono date in diversi formati, inclusi quelli basati su EpochTime. Incoerenze tra i vari timestamp possono rivelare alterazioni o inserimenti anomali nel flusso delle comunicazioni.

La struttura multipart MIME di un messaggio può contenere testo semplice, HTML, immagini inline e allegati. Analizzare i MIME boundaries permette di scoprire manipolazioni, omissioni o inserimenti sospetti.

Gli allegati, a loro volta, possono essere sottoposti a analisi forense: metadati EXIF in immagini o documenti Office possono rivelare autori, software utilizzati o date di creazione non coerenti con quanto dichiarato.

Infine è strategico, per verificare se un messaggio di posta elettronica è originale o alterato, non sottovalutare i campi TO, CC e BCC: è infatti possibile individuare destinatari ulteriori, contattarli e acquisire copie indipendenti dello stesso messaggio rafforza l’attendibilità dell’analisi.

In ultimo, in ambito d’indagine informatica e OSINT, è importante verificare se nei messaggi EML o MSG sono presenti campi personalizzati detti X-Fields, che possono fornire indizi preziosi sul percorso di consegna, sullo spam scoring o sul software utilizzato, talvolta persino sull’indirizzo IP del mittente.

Perché serve la copia forense della mailbox

Tutte queste analisi hanno un punto in comune: non possono essere eseguite su una semplice stampa PDF o uno screenshot. Per una perizia informatica solida e incontestabile né disconoscibile è necessario acquisire quantomeno i messaggi di posta con i loro header RFC822 completi (cioè il file TXT, EML o MSG integrale) ma è raccomandabile poter procedere tramite copia forense della mailbox all’estrazione diretta dal cloud anche dei metadati.

Le tecniche di email forensics richiedono infatti che le email o la mailbox oggetto di analisi siano il più possibile complete di header rfc822, metadati, dettagli e log tipicamente presenti all’interno di una copia forense, un takeout o una esportazione forense dei dati sui quali successivamente operare una analisi forense.

Solo così si può attribuire – talvolta, non sempre – integrità probatoria anche in assenza di firme DKIM e si può ricostruire con precisione il ciclo di vita del messaggio.

A cosa serve la perizia informatica sulle mail e quanto costa?

Dal servizio de Le Iene per il quale ho fatto da consulente tecnico e perito informatico per illustrare come riconoscere un messaggio di posta elettronica vero e originale da uno falso e artefatto emerge chiaramente l’importanza di una perizia informatica di acquisizione forense e analisi dei messaggi in ambito di dispute ove esistono prove digitali consistenti in email o PEC.

Consigliamo quindi, in ambito di processi penali o civili, di conferire incarico a un professionista – ad esempio un consulente informatico forense – per l’esecuzione di copia forense a valore legale e per utilizzo in Tribunale dei messaggi di posta elettronica, con successiva analisi, validazione e certificazione dell’originalità e integrità dell’intestazione header RFC822 e del contenuto.

Per questo motivo, la perizia informatica sulle mailbox resta uno strumento essenziale non solo in tribunale, ma anche in contesti aziendali e investigativi dove la verità di un messaggio può fare la differenza.

Nell’era in cui le e-mail rappresentano prove cruciali in indagini penali, civili e commerciali, affidarsi a verifiche superficiali può infatti compromettere l’intero procedimento. L’analisi forense delle e-mail non si limita a leggere un testo, ma entra nei dettagli tecnici più nascosti per stabilire, con metodo scientifico, se un messaggio sia autentico, integro e affidabile.

Indagine sulle telecamere di sorveglianza hackerate per TV7 su Rai1

In qualità di consulente informatico forense, ho avuto il piacere di contribuire a un importante servizio andato in onda su TV7, che ha acceso i riflettori su un fenomeno tanto diffuso quanto inquietante: la violazione dei sistemi di videosorveglianza e la conseguente vendita di immagini private online oppure delle credenziali di accesso, cioè nome utente e password, che permettono a chiunque di entrare virtualmente nelle case e spiare le persone a loro insaputa.

Paolo Dal Checco per Rai1 su TV7 nel servizio sulle telecamere di sorveglianza vendute su Telegram

Il caso, che ha preso spunto dalla vicenda del conduttore Stefano De Martino, ha messo in luce come migliaia di video, rubati da telecamere che persone comuni installano nelle proprie abitazioni, finiscano su siti web e canali Telegram. Durante il servizio, in qualità di consulente tecnico ho mostrato come questi contenuti, spesso di natura estremamente intima e ripresi in camere da letto, bagni o studi medici, siano facilmente accessibili.

Le indagini digitali dietro la violazione della privacy

Il mio intervento ha avuto l’obiettivo di spiegare le dinamiche tecniche che consentono a un hacker di violare questi sistemi. Spesso, il problema risiede in configurazioni di sicurezza deboli o del tutto assenti. Un malintenzionato effettua una scansione della rete alla ricerca di dispositivi vulnerabili e, una volta individuati, tenta di accedere utilizzando password banali come “admin” o “1234”, oppure impiegando strumenti specifici che testano un numero enorme di combinazioni in pochi secondi.

Polizia di Stato e indagini sulle telecamere in vendita su Telegram

Il fenomeno non è nuovo. Già anni fa, l’operazione “Rear Window” della Polizia Postale aveva smantellato gruppi criminali italiani che hackeravano telecamere ipcam in tutto il mondo per rivendere i video o le credenziali ai compratori con pagamento anche tramite criptomonete.

Queste investigazioni digitali hanno rivelato un vero e proprio mercato nero dove è possibile acquistare non solo filmati, ma anche abbonamenti per ottenere le credenziali di accesso e spiare le vittime in tempo reale, pagando in criptovalute come Bitcoin o Monero, oppure tramite PayPal.

Il ruolo della consulenza tecnica forense

In casi come questi, la figura del consulente tecnico forense diventa cruciale. Le indagini informatiche partono spesso dal repertamento delle prove digitali. Ad esempio, l’analisi dei dispositivi sequestrati ai criminali, come avvenuto nell’operazione della Polizia Postale, ha permesso di scoprire cartelle contenenti immagini carpite illegalmente.

Telcamere IPcam hackerate e in vendita nel dark web

Il mio lavoro come CTP informatico (Consulente Tecnico di Parte) o come CTU informatico (Consulente Tecnico d’Ufficio) per Procure e Tribunali consiste proprio nell’analizzare questi dati. Attraverso la creazione di una copia forense (o immagine forense) dei dispositivi, garantisco che l’evidenza digitale non venga alterata, preservandone l’integrità tramite l’uso di hash e marche temporali. Questo processo è fondamentale per assicurare che le prove siano ammissibili in un processo penale.

Dalle abitazioni ai luoghi pubblici: un rischio sottovalutato

Il servizio televisivo al quale ho partecipato come consulente tecnico informatico forense ha evidenziato come il rischio non si limiti alle abitazioni private. Abbiamo visto esempi di telecamere nascoste in centri benessere, studi medici e spogliatoi di palestre. In un caso specifico a Roma, le microcamere erano state occultate in un armadietto, in un orologio e in un borsone all’interno dello spogliatoio femminile, registrando centinaia di ore di filmati, anche di minorenni.

Servizio TV sulle telecamere private con video e password in vendita su Telegram

Le vittime, spesso, non sanno di essere spiate, il che complica enormemente le indagini e i procedimenti legali. Quando una vittima sporge denuncia, il lavoro del perito forense o dell’investigatore digitale è quello di ricostruire i fatti, identificare i responsabili e cristallizzare le prove.

Come difendersi: consigli pratici

La facilità con cui oggi si acquistano e installano sistemi di videosorveglianza “fai da te” ci espone a rischi enormi se non si adottano le giuste precauzioni. Durante l’intervista ho sottolineato alcuni punti fondamentali:

  1. Posizionamento strategico: Le telecamere di sicurezza andrebbero installate preferibilmente all’esterno (terrazzi, balconi, giardini) per intercettare un intruso prima che entri. Evitare di puntarle su zone sensibili come la camera da letto.
  2. Cambiare le password: Mai lasciare le credenziali di default. È il primo e più semplice varco per un hacker.
  3. Consapevolezza: Un dispositivo connesso a Internet è potenzialmente visibile da chiunque. È importante essere consapevoli che, anche se il sito o il canale Telegram dove finiscono i video viene chiuso, chi ha già scaricato quel materiale può continuare a diffonderlo.

La consulenza informatica forense non è solo un supporto reattivo a un crimine già commesso, ma può avere un ruolo proattivo nella cosiddetta forensic readiness, aiutando aziende e privati a prevenire incidenti di questo tipo.

La strada per ottenere giustizia è spesso lunga e difficile per le vittime, come testimoniato nel servizio. Per questo, il lavoro del perito del tribunale e dei consulenti di parte deve essere meticoloso e inattaccabile, per fornire agli inquirenti e ai giudici tutti gli elementi necessari a fare chiarezza.

Se avete subito una violazione della privacy o necessitate di una consulenza tecnica forense, non esitate a contattarmi utilizzando il modulo di contatto, scrivendo una mail all’indirizzo che trovate nella pagina contatti dello Studio d’Informatica Forense o telefonando direttamente durante gli orari di lavoro.

La truffa del doppio SPID in TV con Le Iene

Sono onorato di aver nuovamente collaborato come consulente informatico per Le Iene al servizio TV di Luigi Pelazza, andato in onda il 3 giugno 2025 su Italia Uno, intitolato “Usi lo SPID? Occhio alla Truffa”. Un’inchiesta che ha messo in luce una vulnerabilità critica che riguarda tutti noi e la nostra identità digitale basata sul sistema SPID.

Frode del doppio SPID tramite clone spiegata alle Iene da Luigi Pelazza e Paolo Dal Checco

Lo SPID è ormai la nostra identità online, indispensabile per un’ampia gamma di servizi: scaricare certificati, pagare le tasse, prenotare visite mediche, iscrivere i figli a scuola e persino ricevere la pensione o l’assegno universale per i figli. Purtroppo, proprio la sua centralità lo rende un bersaglio primario per i criminali, che lo utilizzano per compiere truffe basate sul fatto che è possibile creare un clone di uno SPID senza che il soggetto cui è intestato lo SPID ne abbia contezza.

Durante il servizio al quale ho partecipato come consulente tecnico de Le Iene abbiamo esplorato insieme a Luigi Pelazza casi sconcertanti, come quello di Mario, che si è ritrovato il suo cassetto fiscale completamente svuotato: un credito d’imposta di 800.000 euro è sparito nel nulla.

Paolo Dal Checco – Consulente Informatico per Le Iene sulla Truffa del Doppio SPID

La cosa più allarmante che emerge dal servizio in cui ho prestato servizio in qualità di consulente informatico forense per Le Iene è che gli accessi fraudolenti sono avvenuti tramite uno SPID intestato a lui stesso, ma non quello originale attivato nel 2020. Incredibilmente, dagli atti risulta che altri tre SPID clone sono stati creati utilizzando i suoi documenti, senza che Mario ricevesse alcuna notifica via email o cellulare.

Questa frode informatica ha evidenziato una grave criticità: non esiste un database generale e unico che monitori tutte le attivazioni SPID. Di conseguenza, nonostante denunce ripetute alla Guardia di Finanza e alla Polizia Postale, le attività fraudolente non si sono fermate, con accessi continui alle società che Mario rappresenta e manipolazione di crediti fiscali, inclusi quelli per il sisma bonus. L’Agenzia delle Entrate, in questi casi, sembra non essere in grado di monitorare autonomamente e deve essere avvisata dalla persona che ha subito il problema.

La “truffa del doppio SPID” ha già colpito – come frode informatica – migliaia di persone, dai beneficiari di bonus ristrutturazioni a quelli che aspettavano la tredicesima e persino molti studenti che si sono visti sottrarre i 500€ della carta cultura.

Truffa del doppio SPID a Le Iene con Luigi Pelazza e Paolo Dal Checco

Come fanno i i truffatori a ottenere i nostri documenti? I metodi sono vari e sempre più sofisticati:

  • Dark web: I documenti possono essere reperiti in mercati illegali online.
  • Phishing: Messaggi ingannevoli, come il tipico “Il tuo profilo INPS va aggiornato perché è scaduto. Rinnova i dati per evitare la sospensione”, spingono le vittime a cliccare su link malevoli e a caricare foto fronte/retro della carta d’identità, della tessera sanitaria e persino selfie con la patente. Siti web fatti “benissimo” con finti messaggi di errore rendono la truffa ancora più credibile.
  • Casella di posta elettronica: Spesso, senza rendercene conto, abbiamo inviato foto dei nostri documenti (carta d’identità, codice fiscale, a volte anche carta di credito) via email. Questi documenti possono rimanere per anni nella casella di posta, rendendoli accessibili a chiunque riesca a violarla.

Una delle caratteristiche più problematiche di questo sistema è che non si viene avvisati se qualcuno attiva uno SPID a nostro nome. Sebbene l’AGID (Agenzia per l’Italia Digitale) supervisioni i 12 fornitori di SPID e abbia multato alcune società per aver accettato documenti falsi o usato sistemi di identificazione non autorizzati, la frammentazione del sistema rende difficile una visione d’insieme utile a rilevare correlazioni tra identità sospette. La possibilità di avere più SPID, nata da una concezione tecnica ormai superata, persiste, sebbene lo SPID stia per essere sostituito dal wallet europeo entro un anno, che servirà anche per comprare biglietti aerei o fare contratti all’estero.

Cosa possiamo fare per proteggerci? Sebbene il servizio de Le Iene nel quale ho presato servizio come consulente tecnico abbia evidenziato che una protezione totale sia difficile, al massimo si possono fare due cose:

  • Verificare gli accessi recenti: Connettetevi regolarmente ai siti dove utilizzate lo SPID (es. INPS o qualsiasi altro servizio) e controllate la data e l’ora dell’ultimo accesso. Se non coincidono con un vostro utilizzo, è possibile che qualcuno abbia clonato il vostro SPID.
  • Contattare i fornitori SPID: Inviate una mail (meglio se PEC) a tutti i 12 fornitori ufficiali di SPID per chiedere se risultano attive più identità digitali intestate a voi. Questo è un vostro diritto e hanno l’obbligo di rispondere.

Qui trovate un elenco dei contatti dei 12 provider SPID accreditati in Italia (si ringrazia Matteo Flora che, nel suo video Youtube, ha illustrato abilmente il problema producendo anche un elenco d’indirizzi da contattare):

  1. Intesi Group[email protected] (da elenco soggetti accreditati AGID)
  2. Infocamere[email protected] (da elenco soggetti accreditati AGID)
  3. TeamSystem[email protected] (da elenco soggetti accreditati AGID)
  4. TIM[email protected] (da contatti portale SPID)
  5. SpidItalia[email protected] (da elenco soggetti accreditati AGID)
  6. Sielte[email protected] (da contatti portale SPID)
  7. PosteId[email protected] (da Privacy Policy, non presente né su SPID né su portale AGID)
  8. Namiral[email protected] (da contatti portale SPID)
  9. Lepida[email protected] (da elenco soggetti accreditati AGID)
  10. InfoCert[email protected](da elenco soggetti accreditati AGID)
  11. Aruba[email protected] (da elenco soggetti accreditati AGID)
  12. EtnaId[email protected] (da Privacy Policy, non presente né su SPID né su AGID)

Infine, un consiglio fondamentale: tenete sempre ben stretti i vostri documenti. La vigilanza è l’unica difesa in un panorama digitale in continua evoluzione.

Mi auspico che questo servizio TV per le Iene e il mio contributo di consulenza tecnica informatica forense possano aumentare la consapevolezza su questi rischi e spingere verso soluzioni più sicure per la nostra identità digitale.

Nuova release 2024 di Tsurugi Linux, live distro gratuita e open source per informatica forense

Il 30 luglio 2024 è stata pubblicata per il download gratuito la nuova release della live distro d’informatica forense “Tsurugi” nella versione lab 2024.1 (da 16.7G) e in macchina virtuale (da 33.7G). Strumento spesso essenziale per chi si occupa d’informatica forense, la forensic distro Tsurugi è da anni – insieme alla distribuzione Caine Linux – una delle più utilizzate in ambito digital forensics.

Tsurugi Linux Forensic Live Distro

Tsurugi Linux è una distribuzione Linux orientata all’informatica forense, live forensics, incident response e malware analysis potente e versatile. progettata specificamente per le indagini forensi digitali. Offre una suite completa di strumenti preinstallati che soddisfano varie necessità dei consulenti informatici forensi, tra cui acquisizione forense dei dati, analisi della memoria e analisi forense del traffico di rete. Una delle sue caratteristiche distintive è la capacità di funzionare come un sistema live, consentendo agli investigatori digitali di analizzare e acquisire dati senza alterare lo stato della macchina di destinazione, garantendo l’integrità delle prove.

Tsurugi Linux è altamente personalizzabile, con diversi moduli su misura per specifiche esigenze forensi, come l’analisi di sistemi Windows, dispositivi mobili o la conduzione di indagini su malware. Tsurugi eccelle anche nell’analisi forense di rete e memoria, offrendo strumenti per acquisire e analizzare il traffico di rete e la memoria volatile, che sono cruciali nei moderni casi forensi.

La sua natura open source rende Tsurugi un’opzione ottimale e la sua struttura modulare consente agli investigatori forensi di creare un ambiente di acquisizione e analisi mirato e semplificato.

Grazie a una community solida, a una documentazione esaustiva e alla compatibilità con altri strumenti forensi, Tsurugi Linux è una risorsa indispensabile per i professionisti dell’informatica forense che cercano una piattaforma investigativa solida e sicura.

La forensic distro Tsurugi è scaricabile gratuitamente dalla pagina dei download del sito ufficiale Tsurugi-Linux, il software è gratuito e – come ricordano gli sviluppatori – viene distribuito AS IS GNU sotto la General Public License senza alcuna garanzia.

Tsurugi Linux Forensic Distro 2024 Download

Le modifiche presenti nella versione di Linux Tsurugi disponibile per il download rispetto a quella versione del 22 dicembre 2023 sono le seguenti e si ricavano dal changelog pubblicato sul sito ufficiale:

  • Nuovo Kernel 6.9.3 personalizzato
  • Aggiornamento totale del sistema
  • Aggiornamenti Firmware
  • Correzione di errori minori
  • Correzione di Volatility
  • Nuovi strumenti e tool aggiunti al menù
  • Menù aggiornati

Purtroppo la dimensione di quasi 17 GB non rende la distribuzione forense ideale per attività informatiche forensi sul campo, ad esempio per copie forensi, acquisizione RAM, triage e preview, essendo poco proponibile caricarla in RAM e richiedendo più spazio e tempo per l’esecuzione. È ovviamente ideale per l’installazione in locale o per utilizzare uno dei migliaia di strumenti messi a disposizione dagli sviluppatori. Attendiamo quindi con ansia l’uscita della versione Tsurugi Acquire, più agevole per permettere di eseguire copie forensi di supporti digitali, essendo di dimensione ridotta e offrendo compatibilità massima con i sistemi sui quali può essere avviata la distribuzione linux.